E’ un’enciclica da leggere e da meditare, frutto di una sapienza profonda che riesce a proporre una via possibile a un’umanità che se non cambia rotta rischia l’estinzione. È un testo che riesce a parlare a tutti: credenti di ogni credo, uomini e donne del nord e del sud del mondo, dell’oriente e dell’occidente. Per lasciarne qui qualche traccia se ne propone qualche citazione di quelle che forse meno facilmente si troveranno sui giornali.
La modernità di Francesco, descritto come “un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore”.
L’urgenza di proteggere la terra, casa comune, “comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare”.
La citazione delle piccole specie e dei microrganismi: “Probabilmente ci turba venire a conoscenza dell’estinzione di un mammifero o di un volatile, per la loro maggiore visibilità. Ma per il buon funzionamento degli ecosistemi sono necessari anche i funghi, le alghe, i vermi, i piccoli insetti, i rettili e l’innumerevole varietà di microorganismi.”
L’attenzione alle dinamiche dei media e del mondo digitale, che, “quando diventano onnipresenti, non favoriscono lo sviluppo di una capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di amare con generosità. I grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione”.
L’alibi della superficialità: “Se guardiamo in modo superficiale, al di là di alcuni segni visibili di inquinamento e di degrado, sembra che le cose non siano tanto gravi e che il pianeta potrebbe rimanere per molto tempo nelle condizioni attuali. Questo comportamento evasivo ci serve per mantenere i nostri stili di vita, di produzione e di consumo. È il modo in cui l’essere umano si arrangia per alimentare tutti i vizi autodistruttivi: cercando di non vederli, lottando per non riconoscerli, rimandando le decisioni importanti, facendo come se nulla fosse.”
Lo sguardo sulla natura fatta di suolo, acqua, montagne che portano il papa a dire: “tutto è carezza di Dio”, e la considerazione che “la storia della propria amicizia con Dio si sviluppa sempre in uno spazio geografico che diventa un segno molto personale, e ognuno di noi conserva nella memoria luoghi il cui ricordo gli fa tanto bene. Chi è cresciuto tra i monti, o chi da bambino sedeva accanto al ruscello per bere, o chi giocava in una piazza del suo quartiere, quando ritorna in quei luoghi si sente chiamato a recuperare la propria identità.”
Di seguito il servizio realizzato per Rainews e un breve commento di Padre Antonio Spadaro.