Primo Natale di Papa Francesco

Quando parla papa Fracesco i passaggi a braccio contengono sempre un significato, come una chiave segreta. Nel messaggio urbi et orbi, alla città e al mondo, del suo primo Natale, suggerisce che la pace e “artigianale”, che significa da costruire, come fa l’artigiano, abituato a creare oggetti con le mani, con pazienza, seguendo un progetto. Chiedendo la pace per la Siria invita i credenti di ogni credo religioso a non stancarsi di pregare, ma poi, a braccio, chiama in causa i non credenti, invitandoli a coltivare il desiderio della pace. Insomma, in nome della pace chi crede preghi, chi non crede desideri, chiede papa Francesco, con un appello all’umano che tutti può unire. Come quell’invito -così dolce- alla tenerezza.
Nell’omelia della messa di Natale, 8 minuti densi, la luce e le tenebre, l’invito a non aver paura. “Non temete, ripete il papa con le parole usate dagli angeli con i pastori, duemila anni fa”.

Natale. Le tenebre e la luce

Siamo popolo in cammino, dice con Isaia  papa Francesco nell’omelia della messa di Natale. Parla di tenebre e luce intorno a noi e anche dentro di noi. Usa due parole chiave: camminare, vedere. Parla di Dio che è luce e di un popolo che invece “alterna momenti di luce e di tenebra , fedeltà e infedeltà, obbedienza e ribellione; momenti di popolo pellegrino e momenti di popolo errante”. In un passaggio a braccio ripete “popolo in cammino”, ma specifica che il “popolo pellegrino non vuole essere popolo errante”. I pastori, ultimi ed emarginati del loro tempo, furono i primi a ricevere l’annuncio, spiega,  perchè vegliavano, come fanno i pellegrini. Dio Paziente, luce che rischiara le tenebre, “misericordia e padre che perdona sempre”, conclude papa Francesco a braccio, ripetendo le parole degli angeli ai pastori: “non temete”. Il 25 dicembre giorno di Natale, giorno di una nascita, coincide per papa Bergoglio con il giorno del suo battesimo.

Natale di speranza e di fraternità, ma anche di giustizia

Natale di speranza e di fraternità, ma anche di giustizia, augura papa Francesco all’Angelus dell’ultima domenica di avvento.
Parole, le sue, dal forte impatto sociale. Con occhi abituati a vedere, anche dall’alto della sua finestra, il Papa è colpito da uno striscione con lo slogan “i poveri non possono aspettare”, che lo induce a ricordare chi manca di una casa, perché non l’ha mai avuta o perché l’ha persa. Riflette sul legame tra famiglia e casa, parla di Gesù, che non è nato in una casa ma in una stalla, ed è arrivato solo successivamente alla sua casa a Nazareth.
Dalla sua finestra Papa Francesco vede anche le bandiere dei manifestanti arrivati Roma in nome dei diritti. Chiede loro di non abbandonare la via del dialogo, di respingere le tentazioni dello scontro e della violenza. Poco prima aveva parlato di san Giuseppe, uomo buono e giusto, che non aveva serbato rancore.
Poi gli auguri di Natale. Alle parole speranza e fraternità papa Francesco aggiunge, sottolineandola, la parola giustizia.

Natale festa della fiducia e della speranza

L’udienza generale del 18 dicembre è stata per papa Francesco l’ultima del 2013, la trentesima dal 27 marzo.

Un milione 548.500 i biglietti d’ingresso distribuiti in questi mesi, senza contare le persone arrivate ogni settimana in zona piazza prive di biglietto. All’inizio si pensava che nell’arco di qualche settimana la folla sarebbe diminuita, invece è avvenuto l’opposto. In diverse occasioni sono stati necessari dei maxi-schermo anche in Piazza Pio XII e via della Conciliazione, trasformata in zona pedonale.

E’ l’effetto Francesco, che ha ispirato una parola nuova, “papafrancescanesimo”. Per soddisfare le richieste per la messa quotidiana a santa Marta sarebbero già coperti gli anni fino al 2017.

Nel Natale “Dio si rivela non come uno che sta in alto e che domina l’universo, ma come Colui che si abbassa, discende sulla terra piccolo e povero”, sottolinea il papa nell’ultima udienza proma di Natale. Poi aggiunge a braccio che “è una cosa brutta quando si vede un cristiano che non vuole abbassarsi, che non vuole servire, un cristiano che si pavoneggia”. E conclude: “quello non è cristiano, quello è pagano. Il cristiano serve, si abbassa. Facciamo in modo che questi nostri fratelli e sorelle non si sentano mai soli!”

Il papa intervistato da una donna. Se non ora quando?

Speranza e tenerezza, il Natale per Papa Francesco, “contemplare la visita di Dio al suo popolo”.

Lo racconta lui stesso al quotidiano La Stampa. Un’intervista a tutto campo: lo ior, le riforme della curia, il possibile viaggio in terrasanta. Sul rapporto tra chiesa e politica dice che se non è finalizzato ad aiutare il popolo inizia un connubio che imputridisce la chiesa. Indica l’ecumenismo come una priorità: con i cristiani non cattolici “è un dolore non poter celebrare ancora l’eucaristia insieme”, afferma, ma l’amicizia c’è. E poi alla domanda sui divorziati rispostati ribadisce che l’esclusione dalla comunione non è una sanzione, ma precisa di non aver trattato questo specifico tema nell’esortazione Evangelii gaudium, e ricorda che del matrimomio nel suo complesso si occuperà il sinodo dei vescovi il prossimo anno. Tutti temi pieni di futuro.

Definisce “una battuta uscita da non so dove” quella sulle donne cardinale: le immagina, dice, chi soffre un po’ di clericalismo. Certo, visto che il papa concede interviste, (questa non è la prima) sarebbe un bel segno vederlo, prima o poi, a colloquio con una donna.