La famiglia Il prisma e la sfera.

Il sinodo straordinario sulla famiglia prosegue fino a sabato 18 con le riunioni dei circoli minori e ancora con congregazioni generali, fino alla relazione finale e al messaggio al popolo di Dio che nel corso dell’anno prossimo, cioè fino al sinodo ordinario del 2015, potranno essere oggetto di analisi e confronto nelle chiese di tutto il mondo. Lavori in corso, dunque, cantiere aperto, e un metodo, quello sinodale, che Papa Francesco vorrebbe rendere, nella chiesa, permanente.
La relazione del cardinale Erdo, dopo gli oltre 250 interventi della prima settimana di sinodo, ha avuto una certa eco nell’opinione pubblica, soprattutto relativamente all’approccio nuovo che si è riscontrato sulle tematiche dalla famiglia e delle famiglie di oggi. “Non si affrettino conclusioni”, è stata la precisazione, arrivata, il giorno dopo, dal sinodo: il cammino è appena all’inizio, e “le questioni riguardanti la famiglia sono al centro dell’attenzione della Chiesa non solo per gli aspetti problematici”, come ha sottolineato in sala stampa il cardinale Filoni.
Per Papa Francesco la realtà è più simile a un prisma che una sfera. Il prisma ha diverse facce, non tutti suoi punti sono equidistanti dal centro. Ha anche pareti lisce e spigoli più o meno appuntiti. La sfera è tutta liscia, senza spigoli, con ogni punto equidistante dal centro. Affrontare le tematiche familiari (guardando peraltro non solo al nostro occidente) significa più che mai avere a che fare con le tante facce di un prisma: separati, divorziati (risposati o meno) conviventi, unioni civili, coppie di fatto, coppie omosessuali (che in alcuni paesi possono adottare bambini). A tutte queste realtà i padri sinodali hanno guardato non con occhio di giudici ma con occhio di pastori, ponendo, a ben guardare, più domande che risposte. Se e in che tempi arriveranno delle risposte alle nuove sfide poste da una pastorale familiare che Papa Francesco vorrebbe “intelligente, coraggiosa e piena d’amore” è da vedere, e il cammino è appena all’inizio, ma un dato chiaro è che parlare di famiglia oggi significa avere a che fare più con un prisma che con una sfera, e questo, sembrerebbe, è un dato già emerso.
Nel video l’intervento di Elisabetta Gandolfi a rainews 24 lunedì 13 ottobre.

Al via sinodo straordinario sulla famiglia

L’assemblea straordinaria di ottobre (5-19) sulle “sfide pastorali della famiglia nel contesto
dell’evangelizzazione” è la terza assemblea straordinaria della storia del sinodo, un organismo
voluto da Paolo VI nel 1965 per mantenere viva l’esperienza del Concilio Vaticano II.
Il sinodo fu definito da Giovanni Paolo II “lo strumento validissimo della collegialità episcopale”.
Si riunisce in tre forme:
nell’ assemblea generale ordinaria vescovi da tutto il mondo si incontrano periodicamente –
attualmente ogni tre anni- per discutere questioni di interesse generale;
quando sono i vescovi di una specifica area geografica a riunirsi per discutere questioni relative
alla propria area l’assemblea sinodale si definisce “speciale“. (finora ce ne sono state 10 di
questo tipo: Asia, Africa, America, Oceania, Libano, Medio Oriente…)
La terza forma è un’ assemblea generale ma straordinaria:
i vescovi provenienti da tutto il mondo si riuniscono per discutere questioni urgenti di interesse
generale:
Di assemblee di questo tipo ce ne sono state finora solo 2: una nel 1969 sulle conferenze
episcopali e la collegialità dei vescovi e un’altra nel 1985 sull’applicazione del concilio vaticano II.
La terza, sulla famiglia, voluta da Papa Francesco, prelude a un’assemblea ordinaria, solo stesso
tema, nel 2015.

In Albania un popolo coraggioso

All’udienza del mercoledì papa Francesco torna sul viaggio di domenica scorsa in Albania, raccontando di avere incontrato “un popolo coraggioso, lavoratore e forte, che non si è lasciato piegare dal dolore”, che ora invita al coraggio del bene, “per costruire il presente e il domani dell’Albania e dell’Europa”. La pacifica convivenza tra persone di religioni diverse è “non solo auspicabile, ma concretamente praticabile”, continua, “loro la praticano, praticano un dialogo autentico e fruttuoso che rifugge dal relativismo e tiene conto della identita’ di ciascuno”.
Nel servizio, la sintesi della giornata a Tirana.

Papa Francesco. La follia della guerra, La vita per la pace.

All’Angelus domenicale papa Francesco torna sul viaggio a Redipuglia, sulla follia della guerra, che sembra non avere insegnato niente. Tra Redipuglia e l’angelus a San Pietro, la celebrazione con 20 matrimoni nella basilica di San Pietro: il cammino della vita in contrapposizione alla distruzione della guerra.

Del resto dai luoghi del Friuli che ricordano i morti del passato il messaggio di papa Francesco era per i vivi: forte, chiaro, semplice, radicale come solo le cose semplici sanno essere. Dalla contemplazione della bellezza di questa terra, il papa aveva suggerito una visione: bimbi che giocano e anziani che sognano, mentre uomini e donne portano avanti la famiglia, collaborando all’opera creatrice di Dio. All’opposto l’esperienza della guerra che distrugge tutto, “anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano”, anche “il legame tra fratelli”.

Non c’è possibilità di conciliare queste due strade: sono alternative. da una parte la vita che va avanti, con fatica, con difficoltà, ma va avanti (il matrimonio non è una fiction, dice il papa agli sposi, ma il cammino insieme di un uomo e di una donna) dall’altro la follia della guerra, il suo piano di distruzione, l’ideologia che giustifica passioni e impulsi distorti. A Redipuglia erano state ricordate le vittime di tutte le guerre, comprese quelle di oggi,  che sono tante, “perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!”.

Eppure le guerre avrebbero potuto portare saggezza: “riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere”. E’ questo che auspica Papa Francesco, la conversione del cuore, passare dalla considerazione “A me che importa?”, al pianto. Un’omelia sintetica, quella a Redipuglia, comprensibile anche per un bambino, eppure ostica, forse, per i realisti e i grandi della terra. Proprio con i bambini il fuori programma della mattinata friulana scandita dai silenzi oltre che dalle parole: un’Ave Maria recitata insieme ai più piccoli, fuori il cimitero austro ungarico, in nome della pace.

La pace e le guerre

I gesti e le parole di pace di papa Francesco, dall’inizio del pontificato, sono stati tanti. Dallo speciale di Rainews 24 dedicato a Le guerre alle porte, un servizio che ripercorre alcune tappe dell’impegno di papa Francesco per la pace, e poi il commento di Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

Il papa gesuita

E’ il titolo di un libro di Vittorio Alberti, filosofo e officiale del pontificio consiglio per la giustizia e la pace, che abbiamo incontrato a Piazza san Pietro, nella domenica di fine luglio in cui papa Francesco ha rivolto, all’angelus, un nuovo forte appello per la pace, pensando in particolare al Medio oriente, all’Iraq e all’ Ucraina.

Chiesa e pedofilia
Guarire le ferite

foto (1)Le parole di papa Francesco sulla pedofilia, oltre agli aspetti di contenuto, molto importanti, presentano diversi aspetti di novità metodologia.
1. Il papa parla in spagnolo, la sua lingua madre, attingendo alle radici più profonde di se stesso, del proprio cuore.
2. Parla in un’OMELIA, a Santa Marta, un luogo periferico della città del vaticano, che fino a un paio di anni fa pochi sapevano esistesse, ma divenuto centrale per leggere il suo pontificato.
3. Parla davanti all’altare, dopo la proclamazione delle letture, accanto a una statua della Madonna che porta in braccio un bambino, icona della chiesa madre.
4. Parla davanti a sei vittime di abusi da parte del clero. Persone adulte, ma che portano i segni, le cicatrici, di esperienze terribili vissute nell’infanzia.
5. Il coinvolgimento delle vittime in un percorso di riconciliazione e di risanamento risulta essenziale, qualificante, per la credibilità e la verità di quel processo di tolleranza zero contro la pedofilia già avviato già da Benedetto XVI e che papa Francesco sta proseguendo senza indugio (“con i bambini non si scherza”, aveva dichiarato in altra occasione sullo stesso argomento)
6. Il papa dà voce a un’angoscia e a un dolore suoi personali davanti a persone reali, storie concrete. Un campione dei tanti fascicoli aperti presso l’ex sant’uffizio.
7. Molte volte, nell’omelia, ricorrono parole come “cuore”, “occhi” o “sguardo”, che marcano un metodo: Papa Francesco si sente sotto uno sguardo divino da cui si lascia guardare, e a sua volta guarda le persone e le cose in un modo speciale. “Ho guardato negli occhi un uomo vero”, ha detto una delle vittime presenti a quell’incontro intervistata dal Boston Globe, auspicando che quell’omelia venga letta nelle chiese di tutto il mondo.
8. Per quanto  riguarda i contenuti, il papa è riuscito a dire in estrema sintesi tutto quanto andava detto sul tema, nel modo e nei toni giusti, più di quanto si sarebbe riuscito a fare con un documento o un atto formale. Aveva aperto le porte di Santa Marta alle vittime dalla sera prima, le aveva già incontrate a cena, si sarebbe soffermato con ciascuno di loro, senza fretta, per oltre tre ore dopo la celebrazione.
9. Assicurare che “non c’è posto nel ministero della Chiesa per coloro che commettono abusi sessuali”, riconoscere le responsabilità non solo di chi ha  si è macchiato di un ” peccato” che coincide con un “grave crimine”, ma anche di  quei capi della chiesa che hanno peccato di omissione non dando doveroso seguito a denunce o notizie di ceri fatti, dà consistenza a quella dinamica di misericordia e di perdono che il papa, contemporaneamente, invoca.
10. Un metodo e dei contenuti, quelli emersi, più efficaci di uno scritto, di un documento o delle linee guida contro la pedofilia che pure le conferenze episcopali di tutto il mondo stanno adottando. Il processo di risanamento per le vittime è imprescindibile per il processo di risanamento richiesto e avviato per la chiesa stessa. Che le vittime di un tempo siano coinvolte in questo doppio processo di risanamento, e che tanti uomini della chiesa di un tempo siano oggi additati come “lupi entrati nel gregge”, un altro segno di tempi nuovi.

Basterebbe qualche ora…

Vatican Spain_rainGiusto! Basterebbe qualche ora! Più misura, un po’ di moderazione….
Arrivato in vaticano con la moglie Letizia per il suo primo viaggio da quando è salito al trono di Spagna dopo l’abdicazione del padre Juan Carlos, re Felipe ha colto l’occasione per invitare papa Francesco in Spagna per il quinto centenario della nascita di Santa Teresa d’Avila, che ricorre il 28 marzo 2015.
Il segretario di Stato Pietro Parolin gli ha fatto presente che l’agenda del Papa è molto piena, che prevede tanti impegni, e così Felipe ha spiegato di aver detto al Papa che il viaggio sarebbe «molto importante» e che basterebbe anche una visita molto breve: «una questione di ore».
Già! Basterebbe qualche ora anche per una visita a una diocesi, basterebbe un’ora per una visita a un Policlinico….
Forse ci vorrebbe più attenzione e un’agenda meno assillante per un papa energico e generoso ma non giovanissimo, che da circa 15 mesi non si è concesso un giorno di riposo, che anche quest’estate non prevede vacanze, e che passerà il ferragosto in Corea con i giovani dell’Asia.
Solo guardando la settimana in corso si trovano udienze, 4 giorni di riunione con i cardinali del C8 per la riforma della curia, la visita di sabato in Molise con un fitto programma tra Campobasso Castelpetroso e Isernia.
Sarebbe bello vedere papa Francesco in Spagna per i 500 anni dalla nascita di una grande santa. Una questione di ore, che renderebbe possibili più cose, più possibili le cose.

Papa Francesco e i parlamentari italiani

Il 27 marzo scorso i parlamentari italiani varcavano la soglia del Vaticano
per partecipare alla messa mattutina presieduta da papa Francesco nella
Basilica di San Pietro.
Le testimonianze di una quarantina di loro, i loro commenti, frutto per
alcuni
di un certo stupore per aver sentito quel giorno parole dure di critica per
una classe dirigente che si era allontanata dal popolo, (fino a essere
indicata
come “sepolcri imbiancati”) hanno dato vita a un libro, Eletti per servire, a
cura di monsignor Lorenzo Leuzzi, appena presentato presso la sala della
Regina
di Palazzo Montecitorio.
Del resto quell’incontro con papa Francesco era una celebrazione
eucaristica,
le sue parole erano un’OMELIA, riflessione del pastore sulle letture del
giorno. E lui, papa Francesco, è un mediatore che non conosce mediazione:
Mediatore tra Dio e il popolo, in lotta con gli uni e con gli altri, senza
possibilità di compromessi, per farsi un canale tra cielo e terra. Non è un
caso che a Sibari la dura condanna della ‘ndrangheta, fino alla scomunica,
era
risuonata non in un discorso pubblico ma in un’omelia, “con lo sguardo
rivolto
al Corpus Domini”. Nello stesso giorno parlando al clero di Cassano il papa
aveva invitato a farsi “canali”, ma aveva anche avvertito che chi mette al
centro se stesso, da “canale” si trasforma in uno “schermo”. Anche i
politici,
in fondo, in un modo e in un contesto diversi, dovrebbero essere dei canali,
tra i cittadini e le istituzioni, tra il popolo e la cosa pubblica.