Storie di madri, le tante domande che pongono. Storie di ieri e storie di oggi. Una è quella di Philomena Lee la donna irlandese la cui vicenda ha ispirato un libro e poi un il film candidato a 4 premi Oscar. Dopo aver incontrato papa Francesco ha dichiarato di avere sempre avuto profonda fede nella Chiesa e nella sua volontà di riparare ai torti del passato.
Nel 1952, incinta ancora adolescente, venne mandata in una “Casa per ragazze madri” dove, dopo 3 anni, suo figlio venne dato in adozione dietro pagamento e portato in America. Nonostante Philomena e suo figlio si siano reciprocamente cercati per tanti anni, sono stati tenuti a distanza e non sono mai riusciti a rincontrarsi.
Oggi Philomena è in prima linea per chiedere al governo irlandese una legge sull’apertura dei registri sulle adozioni. Lasciando San Pietro, ha espresso la speranza che Papa Francesco possa appoggiare la sua lotta “per aiutare le migliaia di madri e figli che desiderano mettere la parola fine alla loro tormentata storia”.
L’altra storia in primo piano in questi giorni, è quella di una suora congolese venuta in Italia per studiare teologia. A Pesaro, nel 2011, diede alla luce una bambina. In un primo momento non l’aveva voluta riconoscere, consentendo l’affidamento a una famiglia, ma dopo che la sua congregazione non aveva voluto ri-accoglierla come suora, si è rivolta alla giustizia per poter riavere sua figlia. Dopo una lunga e intricata vicenda giudiziaria la Suprema Corte le ha dato ragione, revocando la procedura di adozione.
Già qualche tempo fa l’opinione pubblica era rimasta colpita dalla storia di una giovane suora latino americana che a Rieti era diventata la mamma del piccolo Francesco.
Storie diverse, in comune il fatto di avere tra i protagonisti delle suore che sembrano stridere, per motivi diversi, in un ruolo non loro.
Storie tristi, come tutte quelle storie in cui c’è, irrimediabilmente, qualcosa che non ha funzionato.