La decisione di papa Francesco di dedicare un anno alla vita consacrata non è “altro” rispetto al cammino di riforme già avviato nella chiesa, e non è qualcosa che riguardi solo i religiosi e le religiose di oggi e di domani, ma riguarda la chiesa tutta, ivi compresi i laici, e il mondo in cui la chiesa vive, con le sue frontiere, i suoi centri e le sue periferie, le sue luci e le sue ombre.
L’invito di papa Francesco ai religiosi a non essere “mai rigidi, mai chiusi, sempre aperti alla voce di Dio che parla, che apre, che conduce, che invita ad andare verso l’orizzonte” non riguarda solo la vita dei duemila istituti esistenti, per un totale di un milione e mezzo di consacrati e consacrate, ma i contesti di vita in cui questi sono inseriti.
“Le persone consacrate sono segno di Dio nei diversi ambienti di vita, sono lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna, sono profezia di condivisione con i piccoli e i poveri”, ha suggerito il papa all’angelus. E quando così non è, si assiste a uno snaturamento, o a una forma di corruzione della vita consacrata, con generale danno per tutti, compresa la società, che si trova senza lievito, impossibilitata a una crescita cui avrebbe diritto.
Per il papa “ogni persona consacrata è un dono per il Popolo di Dio in cammino”.
Ecco, sarebbe interessante sentire direttamente da questo popolo voci che spiegassero come vorrebbero i consacrati o le consacrate, e come assolutamente non li vorrebbero. Persone che facessero domande, che si ponessero in dialogo.
Alcuni anni fa una bambina che da poco aveva imparato a parlare fece a una religiosa già avanti negli anni una domanda semplice ma che la mise in crisi: “a che servono le suore?”. La risposta non fu immediata, ma immediata fu la promessa: “ci devo riflettere, ma ti darò una risposta”. La risposta arrivò dopo alcuni mesi, in forma pubblica, alla messa per il suo cinquantesimo anniversario di vita consacrata. Era stata missionaria in terre lontane, aveva contribuito a fondare scuole e comunità, aveva assistito a parti difficili nella foresta africana, ma nella domanda semplice di una bambina quella donna aveva trovato il pungolo giusto per interrogarsi sulla sua identità più profonda e sullo scopo stesso della sua vita, di cui tanta parte era già vissuta.
Un esercizio di questo genere, anche in forma di domande-risposte, non sarebbe male in vista dell’anno della vita consacrata, che prenderà forma a partire dal novembre del 2014. Così, per non farne un affare solo di preti e suore….