In questi giorni si è vista in funzione la macchina sinodale, di cui non tutti conoscevano l’esistenza, soprattutto in quell’opinione pubblica e in quegli operatori dell’informazione non specializzati in affari religiosi che stanno mostrando curiosità e interesse non solo per i contenuti di un’assemblea che si confronta su una materia “sensibile” (la famiglia, le famiglie, i figli, l’amore, le ferite, le diverse forme di unione o di disunione) ma anche per le modalità di un confronto e di una consultazione che non hanno eguali.
Comunque vada a finire, quali che siano le conclusioni di questo sinodo straordinario, (la domanda in queste ore è se e in che modo le diverse anime della chiesa cattolica sapranno arrivare a una sintesi condivisa) un risultato è già raggiunto, e non è cosa da poco: la macchina sinodale, fuori dal garage, è stata rimessa in cammino. Con la sua complessità, i termini latini non proprio atti alla vulgata (come “relatio ante disceptationem” e “relatio post disceptationem”), ma in fondo la sua modernità, la sua validità metodologica.
Istituito da paolo VI nel 1965 per mantenere viva l’esperienza del Concilio Vaticano II, il sinodo era stato definito da Giovanni Paolo II “lo strumento validissimo della collegialità episcopale”. Eppure questo sulla famiglia è appena il terzo straordinario in quasi 50 anni, il primo su una questione pastorale- dottrinaria- teologica- sociale – religiosa e laica di così vasta portata. Gli altri due furono nel 1969 sulle conferenze episcopali e la collegialità dei vescovi e nel 1985 sull’applicazione del concilio vaticano II.
Papa Francesco ha affidato la riflessione sulla famiglia a un cammino, dentro la complessità del metodo sinodale, intrinsecamente conciliare, pieno, in fondo, di futuro, perché non è una macchina farraginosa ma è, appunto, un cammino, con i laici, i pastori, le famiglie, le chiese locali… Non è un caso che a conclusione di questo sinodo straordinario ci sarà a San Pietro la celebrazione della messa per la beatificazione di Paolo VI, il papa che portò a compimento il Concilio vaticano II, e che il Sinodo dei Vescovi lo aveva istituito, nel 1965.
E dire che la complessità che abbiamo visto in questi giorni (265 interventi la prima settimana, 10 circoli linguistici al lavoro la seconda settimana, con circa 700 emendamenti proposti alla relazione di metà percorso, quella, appunto “ante disceptationem”, il documento e il messaggio finali) è solo una tappa, in vista di un altro sinodo sulla famiglia, ordinario, già in programma per l’anno prossimo.
“Io non ho ricette nuove da portarvi”, disse Papa Francesco l’anno scorso ad Assisi, parlando ai consigli pastorali dell’Umbria, “non c’è ne ne sono, è diffidate da chi dice di averne”. Le ricette sono antiche, come non nuove sono le macchine finalmente in moto.