Custode e rifugiato, per scampare alla minaccia di Erode, ma anche esempio di educatore valido anche oggi. Così papa Francesco presenta San Giuseppe, patrono della chiesa universale, nel giorno a lui dedicato. E’ la festa del papà, ma anche l’anniversario dell’avvio del suo ministero petrino, iniziato con la messa del 19 marzo 2013.
Il padre era Dio, suggerisce papa Francesco, ma Giuseppe alleva Gesù, gli insegna il suo lavoro, lo accompagna alla sinagoga, lo aiuta a crescere in età, sapienza e grazia. E’ un modello di educatore, suggerisce, per ogni padre.
Figura silenziosa, per certi aspetti misteriosa, quasi sfuggente. Chissà se troppo semplice o troppo complessa.
I padri, come i figli, non si scelgono. Eppure proprio la modalità di quel rapporto, con il padre, con la madre, è determinante per la personalità, per la storia, di ciascuno.
Francesco
Un anno da papa
Qualcuno l’ha definito un papato rivoluzionario. Lui, sin dal primo giorno, ha sottolineato la parola “normale”. Una normalità che però sconcerta. Vestiti semplici, la vita in comunità, una piccola auto, viaggiare con la borsa, la vicinanza a tutti, la ricerca dell’umiltà, dentro e fuori di sè. Non ultima la decisione di passare questo primo anniversario da papa in ritiro con la curia, fuori Roma, a rilfettere su “LA PURIFICAZIONE DEL CUORE”, lontano dai clamori. Papa Francesco come un bambù Giapponese, suggerisce con un’immagine un suo amico da quasi quarant’anni, padre Diego Fares, in un libro appena uscito. Una volta seminato, il bambù giapponese per sette anni ha una crescita quasi impercettibile, e poi, in sei settimane, cresce più di trenta metri”. Per lui tutto quello che Jorge Bergoglio aveva vissuto e pensato lontano dai riflettori sta ora “fiorendo” nelle parole e nei gesti di papa Francesco, che è una di quelle persone che, con l’età, “invece di appassire, fioriscono e danno il meglio di sé”. Forse un giorno tutto questo smetterà di sorprendere, perchè tutto quello che per papa Franceso è “normale” sarà diventato tale anche nella percezione collettiva. Quel giorno si potrà dire che la riforma della chiesa voluta da papa Fracnesco sarà in parte attuata.
Papa Francesco Ariccia- Corea
Donne nella chiesa.A ciascuno la sua parte
A metà degli anni ’60, giovane professore al collegio argentino dell’Immacolata, Bergoglio non solo volle ammettere le donne in una rappresentazione teatrale, ma fu categorico nel richiederle per i ruoli loro propri.
L’episodio è riportato in un’intervista a un ex studente pubblicata sull’ultimo numero di Civiltà Cattolica.
Il collegio era maschile, e o si mettevano in scena opere senza personaggi femminili oppure i personaggi femminili erano rappresentati da uomini. Continua a leggere
Povera per i poveri La chiesa di Francesco
l sogno di papa Francesco di una chiesa povera e per i poveri ha dato il titolo all’ultimo libro del cardinale Muller, prefetto per la congregazione della dottrina della fede, pubblicato dalla Lev.
Alla presentazione il cardinale Maradiaga e il teologo Gustavo Gutierrez, tra i fondatori della teologia della liberazione. Che oggi significa per tutta la chiesa molte cose, come suggerisce
l’immagine plastica del tedesco Muller che indossa il poncho peruviano.
Governo d’Italia e governo della chiesa
La singolare coincidenza tra il giuramento del governo Renzi e il primo Concistoro ordinario di papa Francesco, hanno reso in contemporanea due riti, uno civile l’altro religioso, uno relativamente giovane, l’altro molto antico.
Mentre al Quirinale giuravano i 16 ministri nelle mani del presidente della Repubblica, nella basilica di San Pietro il papa imponeva berretta rossa e l’anello a 16 nuovi cardinali elettori.
Il governo Renzi è rosa per metà e abbassa l’età media a 47 anni. Con le 16 nuove porpore il Collegio cardinalizio di papa Francesco apre al mondo con maggiore internazionalizzazione (2 asiatici, per la prima volta un haitiano, due africani, 6 europei, 6 americani, di cui 5 dell’America Latina, 12 i Paesi rappresentati).
Due i testi base, la Costituzione da una parte e l’Evangelario dall’altra.
Necessità e urgenza di riforme per l’una e per l’altra sponda del Tevere.
Freddo il passaggio di consegne Letta Renzi; caloroso e fraterno l’ abbraccio tra papa Francesco e Benedetto XVI che per la prima volta dalla rinuncia ha partecipato a una liturgia in basilica.
Quasi contemporaneamente dal Quirinale uscivano i ministri del governo Letta e dal Vaticano i cardinali.
I due colli. Così importanti per la storia, così importanti per il futuro. Cammini paralleli, destini chissà.
Una chiesa povera non è senza beni e denaro
Una chiesa povera e per i poveri è nel cuore di papa Francesco, che nella prefazione al libro del cardinale Muller, a questo sogno dedicato, avverte che “la ricchezza è un bene solo se aiuta gli altri”. Una chiesa povera non è una chiesa priva di beni o di denaro, ma una chiesa libera, che riesce a dare al denaro e ai beni la loro giusta funzione. I cardinali del consiglio degli 8 che lavorano sulle riforme, hanno in questi giorni ascoltato anche soggetti e commissioni che si occupano di economia, finanze e Ior. La fase è ancora quella dello studio, le decisioni sono attese. Tra le ipotesi si va dalla soprressione, visto che “San Pietro non aveva una banca” alla trasformazione dello Ior in una banca etica. Ma si potrebbe anche decidere di intervenire per garantire maggiore trasparenza all’assetto attuale, oppure di unire lo Ior con l’Apsa, l’ente che amministra il patrimonio della Sede Apostolica.
Per papa Francesco “Il denaro di per sè può essere uno strumento buono, che allarga le possibilità – come scrive nella citata prefazione- o un mezzo che allontana l’uomo dall’uomo, confinandolo in un orizzonte egoistico”. Come in molti casi il discrimine è l’uomo.
San Valentino, tutti Bergogliosi
“Siamo tutti Bergogliosi” non lo avevo ancora sentito. E’ lo slogan più originale portato in Piazza San Pietro dai fidanzati ricevuti in udienza da papa Francesco in occasione di San Valentino.
Dono del papa a ogni coppia un cuscino su cui riporre le fedi nuziali il giorno del matrimonio, con l’invito a non aver paura di dire un si definitivo.
Parole, quelle del papa, ogni tanto interrotte da sorrisi gustosi. Il più suggestivo a inizio udienza, quando mons Paglia, presidente del pontificio consiglio della famiglia, inizia a parlare troppo presto, interrompendo il canto. Papa Francesco ride divertito. VEDI VIDEO
Un anno dopo, due uomini vestiti di bianco
Un anno fa, quando Benedetto XVI annunciava che avrebbe lasciato il pontificato, nessuno sapeva immaginare quel che ne sarebbe seguito.
Il solo pensiero di due uomini vestiti di bianco era per molti sconvolgente.
Oggi non solo riusciamo a pensare quel che allora sembrava impensabile, ma lo vediamo e giudichiamo normale come ogni cosa di cui si è accettata la possibilità dopo averla sperimentata: uno di quei casi in cui la realtà supera l’idea.
Per quella decisione inedita manca la parola adatta, forse qualcuno dovrebbe inventarla. Inesatta la parola “dimissioni”, non adeguata la parola “rinuncia”.
Del resto quella decisione, che Ratzinger disse di aver preso “dopo avere esaminato ripetutamente la mia coscienza davanti a Dio” fu resa possibile anche da un Concilio che aveva riconosciuto il primato della coscienza. Ed è giovane il concilio, appena mezzo secolo.
La vita di Ratzinger, in vaticano, scorre riservata e nella preghiera, ma non è isolata. Tra quanti ogni tanto vanno a fargli visita c’è anche papa Francesco, che un giorno lo definì affettuosamente “come un nonno”, mentre Benedetto ha scritto recentemente di sentire come “unico e ultimo compito”, quello di sostenere il Pontificato di papa Francesco nella preghiera.
Un anno fa ci sembrò un gigante che usciva di scena in punta di piedi.
Oggi un testimone coerente che in diversi modi si può servire la chiesa, ma solo mettendosi in ascolto di un’istanza più alta. Tutto il resto è solo umanità.
Pensare l’impensabile,
Un anno dopo la rinuncia di papa Benedetto
Inattesa, insospettata e insospettabile, la rinuncia al pontificato che Benedetto XVI, con tono pacato, parlando in latino, comunicò ai cardinali quell’11 febbraio di un anno fa.
Una data rimasta scolpita nella memoria di tanti, indelebile. Una data diventata simbolo di un’epoca, come era stato, qualche anno prima, l’11 settembre. La notizia delle “dimissioni”, del papa (anche se il termine non è corretto) fece subito il giro del mondo. E il mondo stentava a credere. Un fulmine a ciel sereno, la definì il decano del collegio cardinalizio. Molti ricordano dov’erano quando seppero, che reazione ebbero. Per i più fu di incredulità. Seguirono ore, giorni, settimane, di grande concitazione dentro e fuori la chiesa, per capire cosa era successo, perchè, quali scenari apriva quella decisione presa “dopo avere esaminato ripetutamente la propria coscienza davanti a Dio”.
E’ passato un anno, 12 mesi intensi che abbiamo analizzato, raccontato, commentato, digerendo quel che all’inizio sembrava indigeribile, ammettendo come possibile ciò che sembrava impossibile. Quella che tecnicamente fu una rinuncia si delineò ben presto come un atto di governo. Potente, efficace. Un gesto umile e grandioso allo stesso tempo.
Oggi non fa problema a nessuno che in vaticano abitino un papa e un papa emerito, che tra i due ci siano rapporti più che cordiali. “Siamo fratelli”, sdrammatizzo’ subito papa francesco. Oggi Ratzinger fa vita riservata e di preghiera, ma non isolata. Il teologo hans Kung ha riferito di una lettera in cui Benedetto XVI gli scrive di “una grande identità di vedute e di un’amicizia di cuore con Papa Francesco”. Al quale si sente legato anche quello che ha definito, oggi, il suo “unico e ultimo compito”, cioè “sostenere” nella preghiera il Pontificato di Francesco.
“Pensare l’impensabile”, era un motto di Vaclav Havel, leader della primavera di Praga, detta anche “rivoluzione di velluto”. In un tempo e in un contesto diversi Benedetto l’ha fatto. Francesco sta continuando a farlo.