Beato Paolo VI

Per la chiesa è sempre una festa la proclamazione di un nuovo beato. Nel caso di Giovan Battista Montini, “grande timoniere” del concilio Vaticano II, beatificato – non a caso- a conclusione del sinodo straordinario sulla famiglia, i significati sono tanti.
Papa Francesco definisce ironica e geniale la frase di Gesù “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quel che è Dio”, sottolinea che la speranza in Dio non è un alibi o una fuga dalla realtà ma è restituire operosamente a Dio ciò che gli appartiene. Ricorda il “camminare insieme” del sinodo appena concluso, rimarca che la chiesa è chiamata senza indugio a prendersi cura delle ferite che sanguinano, e a riaccendere la speranza per tanta gente senza speranza.
“Abbiamo seminato e continueremo a seminare”.
A Paolo Vi un grazie sincero. E chissà se non rivede un po’ se stesso quando sottolinea che “mentre si profilava una società secolarizzata e ostile” seppe condurre “con saggezza lungimirante – e talvolta in solitudine – il timone della barca di Pietro senza mai perdere gioia e fiducia.

La “macchina” sinodale.

fotoIn questi giorni si è vista in funzione la macchina sinodale, di cui non tutti conoscevano l’esistenza, soprattutto in quell’opinione pubblica e in quegli operatori dell’informazione non specializzati in affari religiosi che stanno mostrando curiosità e interesse non solo per i contenuti di un’assemblea che si confronta su una materia “sensibile” (la famiglia, le famiglie, i figli, l’amore, le ferite, le diverse forme di unione o di disunione) ma anche per le modalità di un confronto e di una consultazione che non hanno eguali.

Comunque vada a finire, quali che siano le conclusioni di questo sinodo straordinario, (la domanda in queste ore è se e in che modo le diverse anime della chiesa cattolica sapranno arrivare a una sintesi condivisa) un risultato è già raggiunto, e non è cosa da poco: la macchina sinodale, fuori dal garage, è stata rimessa in cammino. Con la sua complessità, i termini latini non proprio atti alla vulgata (come “relatio ante disceptationem” e “relatio post disceptationem”), ma in fondo la sua modernità, la sua validità metodologica.

Istituito da paolo VI nel 1965 per mantenere viva l’esperienza del Concilio Vaticano II, il sinodo era stato definito da Giovanni Paolo II “lo strumento validissimo della collegialità episcopale”. Eppure questo sulla famiglia è appena il terzo straordinario in quasi 50 anni, il primo su una questione pastorale- dottrinaria- teologica- sociale – religiosa e laica di così vasta portata. Gli altri due furono nel 1969 sulle conferenze episcopali e la collegialità dei vescovi e nel 1985 sull’applicazione del concilio vaticano II.

Papa Francesco ha affidato la riflessione sulla famiglia a un cammino, dentro la complessità del metodo sinodale, intrinsecamente conciliare, pieno, in fondo, di futuro, perché non è una macchina farraginosa ma è, appunto, un cammino, con i laici, i pastori, le famiglie, le chiese locali… Non è un caso che a conclusione di questo sinodo straordinario ci sarà a San Pietro la celebrazione della messa per la beatificazione di Paolo VI, il papa che portò a compimento il Concilio vaticano II, e che il Sinodo dei Vescovi lo aveva istituito, nel 1965.

E dire che la complessità che abbiamo visto in questi giorni (265 interventi la prima settimana, 10 circoli linguistici al lavoro la seconda settimana, con circa 700 emendamenti proposti alla relazione di metà percorso, quella, appunto “ante disceptationem”, il documento e il messaggio finali) è solo una tappa, in vista di un altro sinodo sulla famiglia, ordinario, già in programma per l’anno prossimo.

“Io non ho ricette nuove da portarvi”, disse Papa Francesco l’anno scorso ad Assisi, parlando ai consigli pastorali dell’Umbria, “non c’è ne ne sono, è diffidate da chi dice di averne”. Le ricette sono antiche, come non nuove sono le macchine finalmente in moto.

La famiglia Il prisma e la sfera.

Il sinodo straordinario sulla famiglia prosegue fino a sabato 18 con le riunioni dei circoli minori e ancora con congregazioni generali, fino alla relazione finale e al messaggio al popolo di Dio che nel corso dell’anno prossimo, cioè fino al sinodo ordinario del 2015, potranno essere oggetto di analisi e confronto nelle chiese di tutto il mondo. Lavori in corso, dunque, cantiere aperto, e un metodo, quello sinodale, che Papa Francesco vorrebbe rendere, nella chiesa, permanente.
La relazione del cardinale Erdo, dopo gli oltre 250 interventi della prima settimana di sinodo, ha avuto una certa eco nell’opinione pubblica, soprattutto relativamente all’approccio nuovo che si è riscontrato sulle tematiche dalla famiglia e delle famiglie di oggi. “Non si affrettino conclusioni”, è stata la precisazione, arrivata, il giorno dopo, dal sinodo: il cammino è appena all’inizio, e “le questioni riguardanti la famiglia sono al centro dell’attenzione della Chiesa non solo per gli aspetti problematici”, come ha sottolineato in sala stampa il cardinale Filoni.
Per Papa Francesco la realtà è più simile a un prisma che una sfera. Il prisma ha diverse facce, non tutti suoi punti sono equidistanti dal centro. Ha anche pareti lisce e spigoli più o meno appuntiti. La sfera è tutta liscia, senza spigoli, con ogni punto equidistante dal centro. Affrontare le tematiche familiari (guardando peraltro non solo al nostro occidente) significa più che mai avere a che fare con le tante facce di un prisma: separati, divorziati (risposati o meno) conviventi, unioni civili, coppie di fatto, coppie omosessuali (che in alcuni paesi possono adottare bambini). A tutte queste realtà i padri sinodali hanno guardato non con occhio di giudici ma con occhio di pastori, ponendo, a ben guardare, più domande che risposte. Se e in che tempi arriveranno delle risposte alle nuove sfide poste da una pastorale familiare che Papa Francesco vorrebbe “intelligente, coraggiosa e piena d’amore” è da vedere, e il cammino è appena all’inizio, ma un dato chiaro è che parlare di famiglia oggi significa avere a che fare più con un prisma che con una sfera, e questo, sembrerebbe, è un dato già emerso.
Nel video l’intervento di Elisabetta Gandolfi a rainews 24 lunedì 13 ottobre.

Il sinodo e le donne

Piccola ma significativa la presenza di donne al sinodo sulla famiglia, anche se c’è chi lamenta che la loro voce non sia ancora sufficientemente ascoltata, a dispetto dell’affermazione di papa Francesco che “la chiesa è donna”, e che anche per la trasmissine della fede il ruolo delle madri, delle nonne, è fondamentale.
Molti i temi emersi che riguardano concretamente la vita delle donne: dai metodi di regolazione delle nascite, alle violenze, ai matrimoni tra persone di religioni diverse, i cosiddetti matrimoni misti. Nei giorni scorsi è intervenuta, a portare la sua testimonianza, Jeannette Tourè, una donna cristiana della costa d’Avorio, sposata da 50 anni con un musulmano. Nel video, il suo racconto, e poi il punto di vista di Maria Giovanna Ruggiero, presidente dell’unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche.